Conosci la differenza tra Prologo e Prefazione? E l’Epilogo? Cos’è esattamente?
Ultimamente, per quanto ad alcuni possa sembrare strano, mi sono imbattuta in tanti commenti, post e discussioni sui social e sul web in generale, nei quali l’argomento in questione era proprio quello del titolo e della domanda sopra riportata. Molti autori emergenti, che scrivano da più o meno tempo, non sanno effettivamente quale sia la differenza tra una Prefazione e un Prologo (al quale poi si lega anche l’Epilogo, per completezza d’argomenti). Facciamo dunque un pochino di chiarezza.
La Prefazione
È un testo, più o meno breve, che funge da introduzione e, talvolta, giustificazione al contenuto di un libro. Serve essenzialmente per orientare il lettore sulle origini del testo, sugli intenti e/o per dare informazioni utili che aiutino il lettore a inoltrarsi in quel che poi andranno a leggere. In alcuni casi, vi è anche un’introduzione dell’autore, in altri intervengono profili esterni.
Facciamo qualche esempio suddiviso per generi: ammettiamo che l’autore/autrice scriva un libro di genere fantastico, fantascientifico o un qualsiasi altro tipo di romanzo in cui viene creato un mondo a sé stante particolarmente creativo.
L’autore potrebbe avere il desiderio di scrivere come è nata l’idea di quel testo o dare informazioni riguardo alle componenti di fantasia create che, magari, hanno origine e ispirazione in un antico mito, in una nicchia particolare di letture che non tutti possono conoscere o, addirittura, in qualcosa di talmente nuovo da dover essere in qualche modo presentato al pubblico.
Altra possibilità dell’autore, è semplicemente quella di voler dare un input ai lettori sul perché e come gli è venuta l’idea di scrivere un certo tipo di testo. Solitamente, questo tipo di intervento è più da autori affermati, ma se necessario e logico, non c’è scritto da nessuna parte che non possa farlo anche un autore meno conosciuto. Può trattarsi, in realtà, anche di una “chiave” o di una “lente”; anche solo quattro o cinque righe in cui l’autore, senza rivolgersi direttamente al lettore, dà una sorta di chiave di lettura per il testo che seguirà.
La Prefazione più classica poi, è quella curata da un soggetto esterno. Potrebbe trattarsi dell’editore, di un altro autore o autrice, di un giornalista, di un editor, un curatore. In questo caso, chi la scrive ha lo scopo di presentare il testo ai lettori e di dare, talvolta, a chi leggerà una sorta di “recensione introduttiva” (passatemi l’espressione).
Altro genere, altro esempio. Un autore scrive un romanzo storico: chi cura la Prefazione potrebbe voler dare informazioni storiche sul periodo in cui il libro è ambientato e, se vi sono componenti storiche modificate, dare una motivazione a tali variazioni.
Un’altra ipotesi può essere questa: abbiamo tra le mani un testo che non è un romanzo, ma magari una sorta di manuale. Al di là dell’argomento trattato, chi cura la Prefazione potrebbe descrivere su cosa si basano le informazioni e le istruzioni che vi sono all’interno.
Se invece avessimo davanti un libro biografico? Stesso concetto. Se si trattasse, ad esempio, di un libro su un grande artista o su un personaggio socialmente rilevante, la Prefazione potrebbe contenere accenni introduttivi sulla figura in questione.
Insomma, le casistiche sono tantissime ed elencarle tutte è impossibile. Vi sono anche casi in cui la prima edizione di un libro non ha Prefazione di alcun tipo e, in seconda edizione, questa viene inserita.
Il Prologo
Il Prologo non è una Prefazione e questo dev’essere chiaro a chiunque scriva. Il Prologo, in origine, era utilizzato nelle tragedie e nelle commedie teatrali greche e latine; si trattava di un discorso introduttivo, perlopiù costituito da una scena iniziale, dall’intervento di un narratore o magari di un dialogo tra due personaggi che andava ad anteporsi all’inizio dell’opera. Ancora oggi, spesso viene utilizzato a teatro e può essere costituito da introduzioni narrative, da una poesia recitata, da una scena in cui si fondono personaggi e musica; insomma, le varianti sono diverse.
E in un libro? Che cos’è il Prologo? Beh, è praticamente la medesima cosa. Una scena introduttiva, un discorso del narratore, un monologo o, ancora, un dialogo tra personaggi. Solitamente il Prologo non è parte della storia in sé, ma contiene una logica di lettura per la storia che poi andremo a leggere. Può riguardare un personaggio oppure no, può raccontarne l’origine o meno, può introdurre al suo mondo personale oppure essere completamente staccato dalla storia ma, al tempo stesso, essere un’importante chiave di lettura.
L’Epilogo:
Molti credono che il finale e l’Epilogo siano la stessa cosa. In effetti, mi sono accorta che tanti non lo sanno, ma l’Epilogo non coincide per forza con il finale: potrebbe riprendere il Prologo, ad esempio.
In molti casi, invece, si tratta di un capitoletto a sé stante che può discostarsi, come per il Prologo, anche per lo stile di scrittura utilizzato e con il quale s’intuisce qual è stato o sarà il futuro destino dei personaggi. Potrebbe poi dirci come è andato avanti il mondo in cui questi sono stati collocati. L’Epilogo, dunque, può coincidere con la fine del libro, ma non sempre coincide con la fine della storia.
Spero che questo articoletto possa aver chiarito un po’ le idee a chi aveva dubbi. Mi raccomando autori e autrici: scrivete, leggete e studiate tanto! Tutti possiamo avere lacune: d’informazione, tecniche o di altro tipo. C’è sempre da imparare, da crescere e farlo è la cosa più bella del mondo.
Lara Aversano
L.A. Editing&Digital Marketing
Link utili: