Qual è la struttura di un racconto? Quali sono le tecniche narrative in esso utilizzate? In questa seconda parte de “Il racconto e i suoi segreti”, troverete la risposta a queste domande fondamentali.
La struttura:
Bene o male, tutti conosciamo la struttura base di un testo narrativo: che sia esso un racconto o che si tratti di un testo più lungo e complesso come un romanzo. Le mappe concettuali a riguardo riportano molto semplicemente quanto segue:
- Situazione iniziale: in questa parte, solitamente, si introducono al lettore i personaggi e si presenta la situazione di partenza.
- Rottura dell’equilibrio: gli avvenimenti iniziali vengono scombussolati da qualcosa; in questa sequenza si dà il via all’azione che porterà al mutamento.
- Mutamento: il protagonista o i personaggi in generale, si trovano in una situazione migliore o peggiore rispetto a quella iniziale.
- Climax: “la scala”, “la scalata”, verso il punto di tensione più alto dell’azione e delle situazioni descritte in precedenza.
- Scioglimento dell’equilibrio o sua ricomposizione: i fatti arrivano a un’evoluzione che può riportare all’equilibrio iniziale o a un nuovo equilibrio oppure a un definitivo sgretolamento dello stesso.
- Situazione finale: “semplicemente”, la conclusione.
Questa struttura di base serve per comprendere quali dovrebbero essere le componenti di una struttura narrativa, ma ci sono molte altre cose da considerare. Ad esempio la narrazione può avvenire seguendo una cronologia temporale consecutiva (fabula) oppure può essere stesa, al contrario, non seguendo l’esatta cronologia dei fatti (intreccio).
Si può iniziare un racconto anche dal mezzo, da una “scena” che cattura l’attenzione del lettore, per poi tornare sui fatti iniziali fino a che non si arriverà anche al punto già anticipato approfondendolo. Pensate al cinema: quante volte vi è capitato di guardare film in cui la prima scena presenta un evento che non rappresenta l’inizio della storia?
Ad esempio: un personaggio (che ancora non si sa se è protagonista o meno) ha un incidente stradale. Il lettore (o lo spettatore) si trova catapultato in quella scena che viene poi “tagliata”, vale a dire che non vengono date tutte le informazioni. Si scopre in un secondo momento che la persona che ha avuto quel brutto incidente è viva oppure, se nella narrazione si riporta l’attenzione su quella stessa persona sin da subito, potrebbero essere svelate le cause dell’incidente, che potrebbero essere state causate da uno o più antagonisti. Abbastanza classico, no?
Analessi e prolessi:
Oramai tutti conoscono il termine “flash – back”, ma non tutti conoscono il termine “flash forward”, nonostante ognuno di noi ne abbia avuto davanti degli esempi. Questi termini inglesi sono tratti dalla tradizione cinematografica e vengono utilizzati anche per descrivere questo stesso tipo di espedienti nella narrazione scritta. Nella nostra bella lingua, però, corrispondono rispettivamente all’analessi e alla prolessi. Semplificando: il “lampo all’indietro” o analessi è un salto verso il passato durante la narrazione: il narratore porta all’attenzione avvenimenti già accaduti e una volta terminata questa sequenza, ritorna alla narrazione cronologica. La stessa cosa vale per la prolessi che è un salto in avanti, vale a dire l’anticipazione di un fatto che ancora non è avvenuto, per poi riprendere la cronologia precedente.
Il narratore, però, per poter fare questi salti temporali deve essere onnisciente, conoscere ogni dettaglio della storia. Se ad esempio il narratore fosse il miglior amico di un giornalista che sta indagando per un’inchiesta, ma non fosse sempre stato a fianco del giornalista stesso e la storia gli venisse raccontata (senza la certezza di avere tutte le informazioni e senza essere stato testimone delle scene) non potrà utilizzare questo tipo di espedienti.
Se, al contrario, a narrare è il giornalista stesso, quest’ultimo potrà fare salti temporali anche continui e che, anzi, spesso servono proprio per mantenere alta la curiosità del lettore e per fornirgli degli indizi sui quali può sviluppare una teoria.
Non è detto, però, che un narratore di questo tipo sia sempre onnisciente! Se il giornalista, narrasse la storia man mano che la vive, infatti, potrebbe inserire dei flash-back riguardo alla sua vita, ma non riguardo all’inchiesta. Potrebbe invece essere onnisciente riguardo alla vicenda, se la narrasse dopo averla vissuta e solo ed esclusivamente se la sua narrazione si concentra sull’inchiesta stessa e su come ha vissuto lui la storia. Non potrebbe, infatti, essere onnisciente riguardo ai punti di vista (POV) di altri personaggi. Tutto è da definire con precisione, quando si scrive.
Le sequenze:
Una sequenza è un tratto narrativo e può anche essere isolata dal resto del racconto. Quando si tratta di avvenimenti cruciali per la storia, si parla di “nuclei narrativi fondamentali”. Ci sono differenti tipologie di sequenze e certamente, chi vuole studiare le strutture narrative deve assolutamente approfondirle. Vi sono sequenze narrative, descrittive, dialogiche, espressive e riflessive.
Oltre la fabula:
Gli intrecci e le loro strutture possibili sono tante e la creatività dell’autore è fondamentale in questo. Avete mai sentito parlare di “storia in tre atti”? Nel prossimo articolo sui “segreti” del racconto (e della narrazione) approfondiremo diversi espedienti/ tecniche narrative che aiutano lo sviluppo di un intreccio e parleremo anche della sopracitata storia in tre atti.
Consiglio di lettura: “La sirena” di Giuseppe Tomasi (link approfondimento: famedisud.it)
Lara Aversano